venerdì 24 agosto 2012

Tiziana Bolfe - Le coltri stanche, 12 agosto 2012, Cittadella Palazzo Pretorio





3 donne, 3 età, 3 abiti glamour dal lungo strascico. Feticcio ambito dalle donne, ma qui come dei serpenti si snodano tra le stanze sfiorando il pubblico.
Le donne si avvicinano, si allontanano, si incontrano con gli sguardi e scrutano il pubblico. La giovinezza fiera e spavalda sfida la mezza età, le gira attorno e la abbandona, mentre questa, danza divisa da un vetro con l’età più avanzata … oramai rinchiusa ma inevitabilmente vicina …
Entrano ed escono dalle stanze, agiscono sugli spazi mentre il pubblico è costretto a destreggiarsi tra lo strascico-serpe e la scelta di chi seguire … quale età abbandonare o rimanerne affascinati?
Come all’inizio così alla fine le tre donne si riuniscono in una danza canoviana tridimensionale di grande impatto. Danza fatta di gesti, di mani che vedono e occhi che sentono.  Mentre un tappeto sonoro mai invadente di liquida musica elettronica, rende gli spazi del palazzo un non-luogo, quasi un vecchio set televisivo de Il Segno del Comando.
Le tre bravissime interpreti sembrano uscire da un racconto di Cunningham, affascinanti, seducenti, da sapienti vestali governano i costumi con matematica maestria, instaurano un contatto visivo con il pubblico, stregando con le prodezze a pochi centimetri di distanza.
Tutte bravissime, intense, e soprattutto grandi nel gestire una location davvero difficile per il troppo pubblico, gli spazi, i costumi.

venerdì 20 luglio 2012

Alanis Morissette, HYDROGEN Festival - Piazzola sul Brenta (PD) - 17 luglio 2012




La bella Alanis inizia il concerto andando su e giù per il palco, camminando avanti e indietro, quasi a misurare la metratura del palco.
Così per molti brani, purtroppo non tutti perfettamente udibili, un po’ di ritorno nei bassi, e qualche problema tecnico, poi risolti con qualche correzione all’audio.
Un inizio quasi intimista, forse un po’ distaccato … l’apporto dell’armonica scalda l’atmosfera con sensazioni folk-nostalgiche.
Ma arriva Ironic e tutto il pubblico canta e la acclama.
Coccolata e forse più tranquilla inizia a scatenarsi con i classici di Jagged Little Pill. A guardarla nel roteare la lunga chioma, sembra di rivedere la ragazza post-grunge che nel 1995 appariva da semi sconosciuta nei club cantando scatenata You Oughta Know (all’epoca aveva 21 anni) per diventare poi una cantante da milioni di dischi venduti (solo Jagged Little Pill ha venduto oltre  33 milioni di copie, 78 dischi di platino in giro per il mondo, e ogni tipo di award)

Da metà concerto in poi il buon audio fa apprezzare le hit della carriera di Alanis, sempre con qualche inserto di armonica a bocca, basso, e travolgenti ballate … fino ad una inevitabile Thank U, per il pubblico e per la sua carriera.

mercoledì 18 luglio 2012

PATTI SMITH - CONCERTO PER LA MEMORIA, (Bologna 15 luglio 2012)




È curioso vedere come Patti Smith riesca a coinvolgere un pubblico di varia età ed interessi: fans attempati, genitori post - … con figli a seguito, rappresentanza GLBT, ragazzini scatenati sotto il palco. Dai classici e conosciuti brani agli ultimi dal nuovo lavoro Banga, tutti cantano, ballano, incitano la sacerdotessa del rock.
È una serata particolare, tra il pubblico vi sono cartelli con messaggi che vanno al di la dell’affetto per la cantante. Patty ne prende qualcuno, li mostra, uno in particolare su Genova 2001, da poi il microfono ad una ragazza che ricorda a tutti lo sdegno per le condanne ai manifestanti del G8 del 2001.
Patti è comunicativa, trascinante, tra un brano e l’altro interagisce con il pubblico, scherza, parla del terremoto, del Museo  della memoria per Ustica alle sue spalle, e invita tutti a lottare.
I brani di Banga dal vivo diventano dei classici, in particolare Maria, dedicato a Maria Schneider.
Preso il basso, si scatena, il tempo sembra tornare indietro, uno spaccato rock di tanti tanti anni fa, circondata da bravi e fidati elementi, e dal supporto degli storici  Dee Daugherty e Lenny Kaye.
Patti: una magica “nonna rock” che tutti vorremo avere!

Prima e dopo l’esibizione di Patti Smith, era possibile visitare gratuitamente il Museo  della memoria per Ustica. Uno spazio dove i resti del DC9 abbattuto il 27 giugno 1980 sono stati ricomposti nell’allestimento dell’artista Christian Boltanski. Museo aperto al pubblico dal 2007.
Spiazzante ed angosciante: 81 lampade scendono dl soffitto accendendosi e spegnendosi al ritmo di un respiro, 81 pannelli/specchio neri coprono delle piccole casse audio che trasmettono le voci, i pensieri delle 81 persone morte nello schianto, come le ha immaginate l’artista. A terra dei contenitori/sarcofago ricoperti di pelle nera, dove all’interno si trovano gli oggetti personali delle vittime donati dai famigliari al museo, e negati agli occhi dei visitatori.
Un’ istallazione che lascia senza parole, necessaria, di grande impatto visivo ed emotivo, artisticamente crudele come la realtà. Un monumento alla memoria di un evento ancora oggi circondato di mistero. 

THE CULT - Hydrogen Festival (Piazzola sul Brenta, PD) 13 luglio 2012






Salgono sul palco i Cult con il leader Ian Astbury un po’ affaticato e dal look  un po’ ingoffato (il tempo è passato … )  dopo un inizio un po’ impacciato, si lanciano nelle hit che gli hanno resi famosi.
Del passato psichedelico, glam, wave, resta poco, tutto è più hard rock, quasi metal.  E dall’ascolto dei brani del nuovo lavoro Choice of Weapon dal vivo, forse sono più a loro agio nella vesta rockettara. Brano dopo brano l’energia aumenta e i componenti  si lanciano in generose performance.
La bella voce limpida di Ian degli anni migliori sembra un po’ lontana, alcuni brani diventano difficili, ma la band è in gran forma soprattutto per il batterista. Comunque il tutto è piacevole e ben strumentato.
Palco e luci essenziali, senza fronzoli o richiami al passato, una nota interessante le foto proiettate negli schermi laterali, a volte quasi in contrasto con i brani:  affascinanti frames metropolitani, decadenti statue cimiteriali, location urbane, ma anche inquietanti ed affilati coltelli.
Concerto breve (forse un'ora e mezza) ma intenso, per, forse 2000 persone

venerdì 15 giugno 2012

La Biblioteca del corpo - Ismael Ivo, Teatro Comunale Vicenza (14 giugno 2012)





Mentre gli spettatori si accomodano sulle poltrone, al centro del palcoscenico, un corpo femminile sotto ad uno scheletro, muove le bianche braccia con movimenti lenti (immagine che ricorda la performance di Marina Abramovich Nude with Skeleton” del 2002). Un suono inquietante aumenta di volume (cercando di attirare l’attenzione del numeroso pubblico interessato a ben altro …) finchè tutto si fa buio.
Inizia così La Biblioteca del corpo di Ismael Ivo, dopo la prima alla Biennale Danza di Venezia, lo spettacolo si presenta al pubblico dei teatri.
Dal buio appare un corpo nudo e sullo sfondo delle teche illuminate con all’interno dei corpi che si muovono sempre più velocemente. Come insetti dentro dei vetrini. Più che una biblioteca, un museo di storia naturale.
All’improvviso i vetri esplodono e crollano, i ballerini scendono dalle teche e invadono il palco … davvero notevole a livello visivo e sonoro questa prima parte.
Poi il resto si fa criptico quasi alla noia: una coreografia che incredibilmente copia Pina Bausch e Wayne McGregor.
Un continuo e incessante ritmo (Tambours du bronx) che alla fine diventa ripetitivo e monotono.
Mancano brani più emozionanti e catartici come nei lavori precedenti (brani che una volta terminato il balletto ti rimangono addosso). Sonorità da rito iniziatico, ma per la numerosa compagnia, questo rito non si compie e la sensazione è di un saggio finale di danza.
Troppi ballerini in scena, “troppo balletto”, ci sarebbe voluto un compendio di teatralità più incisivo (per intenderci alla Erendira, il lavoro di Ismael del 2005).
Non tutti all’altezza, ma sicuramente in crescita, i ballerini verso la fine dello spettacolo rischiano di “accalcarsi” nelle complicate coreografie.
Anche lo sforzo visivo verso la fine scarseggia, le teche vuote, le luci, lo spazio diventa cimiteriale, le teche, dei loculi.
L’ambizioso progetto, su carta, parla di Borges, di libri, di Babele e tanto altro, ma tutto questo rimane appena accennato.

mercoledì 6 giugno 2012

QIU SHIHUA - White Field - Hamburger Bahnhof Museum für Gegenwart Berlin, 22 maggio 2012







Il primo approccio con le tele di Qiu Shihua è quasi raggelante, enormi pannelli dipinti di bianco, praticamente tutti uguali …
Ma dopo il primo impatto e una lenta seducente “messa a fuoco” delle opere (minimaliste?), agli occhi di  chi guarda affiorano delicati paesaggi dalle profondità impalpabili. Con un “effetto speciale” incomprensibile, si dipanano allo sguardo immagini prima solo bianche, nebulose.
Il percorso diventa intrigante, curioso, uno sforzo visivo per assaporare visioni “miopi” o sottovalutate per una frettolosa interazione.
I paesaggi della ricerca di Qiu Shihua risultano eleganti, di minuziosa fattura anche se dalle estese campiture.
Paesaggi che sembrano immersi o avvolti dalla nebbia, dove l’occhio cerca dei punti di riferimento per stabilire un “luogo”. Ma l’artista non si avventura in luoghi comuni, ma come dimostra l’approfondimento nell’ultima sala, da una ricerca sui paesaggi della cultura pittorica cinese.
Potrebbe apparire come una esperienza Zen, ma a parer mio, una ricerca che mina le consolidate e rassicuranti visioni paesaggistiche per sguardi che vanno oltre.

sabato 2 giugno 2012

Anthony McCall - Five Minutes of Pure Sculpture, HAMBURGER BAHNHOF - MUSEUM FÜR GEGENWART – BERLIN- 22 maggio 2012





Nella sala principale del museo della ex stazione, resa buia ad hoc con una leggera e impalpabile foschia, Anthony McCall invita gli spettatori a giocare ed interagire con i fasci di luci che dal soffitto proiettano al pavimento delle strane e primitive forme. In movimento lento e in continuo cambiamento.
Le speciali proiezioni a cui McCall lavora da anni, ricordano in qualche modo la proiezione cinematografica, soprattutto per le 4 opere orizzontali, in cui è possibile “entrare”, giocare, farne parte …
Le opere verticali sono di grande effetto nella grande sala, il silenzio, e il fascino inducono ad un senso magico, ad una ricerca che sembra catalizzare gli spettatori, pronti a stendersi sotto i fasci o sedersi all’interno quasi in una ricerca di maggiore feeling con l’opera (o a qualche interpretazione personale, quali capacità calmanti o meditative delle opere stesse … )
La cosa interessante a mio avviso è l’immediata estraniazione dal mondo esterno,  e a livello percettivo, non tanto la luce ma i movimenti delle proiezioni e il buio attorno creano degli effetti molto attraenti ed ipnotici.
Il buio non diventa ostacolo o difficoltà ma immersione, lo spazio si amplifica, e il girovagare tra un’opera e l’altra diventa una passeggiata in un giardino oscuro con sculture di luce sinuose ed intriganti.