mercoledì 31 ottobre 2012

DEAD CAN DANCE - 19 ottobre 2012, Teatro degli Arcimboldi Milano





Mentre si attende il concerto e gli spettatori si siedono, un musicista sul palco suona e racconta i suoni attraverso gli strumenti della cultura araba … l’atmosfera si fa rarefatta, preludio del concerto … un po’ di ritardo ci allontana dai suoni, ma è nulla in confronto a quello che avverrà: un concerto magnifico, Lisa Gerrard una divinità, una regina di Saba che canta, suona, si muove sinuosa sul palco dando vita ad una esperienza unica. Brandon Perry sembra migliorato negli anni, la voce è potente e profonda. I brani si susseguono uno dopo l’altro in uno stato di trance totale … per alcuni brani il tempo sembra fermarsi, il pubblico trattenere il fiato quanto il silenzio è palpabile … fino ad un travolgente applauso e nel finale un inevitabile standing ovation meritatissimo.
Il concerto è dedicato all’ultimo lavoro Anastasis, ma pezzi inaspettati del passato affiorano lasciando il segno, tra questi The Host of Seraphim da The serpent egg’s.
Per un totale di 19 brani.
Le suggestioni spaziano dal medioevo all’oriente, dalla world music alle atmosfere dark degli anni 80’ …
Bellissimo l’impianto luci, soprattutto nella prima parte del concerto, con colori molto accesi e soluzioni affascinanti. Un po’ scontate nella seconda parte con soluzioni un po’ banali: tramonti, sole, edifici …

I brani della serata:

Children of the Sun
Anabasis
Rakim
Kiko
Lamma Bada
Agape
Amnesia
Sanvean
Nierika
Opium
The Host of Seraphim
Ime Prezakias
Now We Are Free
All in Good Time
The Ubiquitous Mr. Lovegrove
Dreams Made Flesh
Song to the Siren (Tim Buckley)
Return of the She-King
Rising of the Moon

lunedì 22 ottobre 2012

Carsten Nicolai, Unidisplay - Hangar Bicocca, Milano 6 ottobre 2012





















… siamo bombardati continuamente, in ogni momento, in ogni dove, costantemente, da stimoli visivi, da computer, display, video, suoni, immagini sempre più sofisticate, sempre più ammalianti …
Carsten Nicolai azzera tutto, pone lo spettatore al buio, in uno spazio composto da una lunga panca, uno schermo lungo quasi 40 metri, specchi che riflettono e dilatano le immagini, suoni. Tutto questo per collocarci/concentrarci in un contesto di attenzione e percezione di fronte agli stimoli che Carsten proietta sullo schermo, piccole variazioni digitali, correlate da suoni minimal, effetti sonori che suggerisco, sottolineano le frequenze visive, le idee tecnologiche che appaiono, si ripetono sullo schermo, e ritornano nell’ “archivio” generando un altro nuovo percorso visivo.
Molto interessante l’interazione tra lo spazio enorme dell’Hangar, gli spettatori che si siedono, rimangono ipnotizzati, si alzano, girano, fotografano, il “silenzio” generato dallo stupore e dalla bellezza di alcune immagini incredibilmente semplici … ma in realtà frutto di studi e ricerche da parte dell’artista.
Grande attenzione all’allestimento tecnico: lo schermo, l’audio, la proiezione … per una esperienza davvero particolare. Personale e collettiva, contemporaneamente.


sabato 29 settembre 2012

ANAGOOR, ACCADEMIA D'ARCADIA - Et manchi pietà - 22 SETTEMBRE 2012, Milano Festival Mito




Attraverso le musiche di Monteverdi, Allegri, Strozzi e altri, e attraverso le proiezioni per capitoli, assistiamo ai momenti più salienti della vita di Artemisia Gentileschi. 13 momenti: il padre, la madre, il mondo degli uomini, tormenti, sensualità, l’arte …
Lo spazio dell’auditorium del Sole 24, ben si presta per contrasto a questo lavoro così interessante.
Mentre il soprano canta i madrigali, scorrono sullo schermo immagini affascinanti e coinvolgenti.
“Se i languidi miei sguardi” di Monteverdi sottolinea il fuoco che brucia in pochi secondi  le tele, i lavori di Artemisia, gli amori, una vita …
Sarebbe didascalico raccontare le immagini, le emozioni, citare Greenaway, Bill Viola, ma le suggestioni e gli stimoli sono molti. Mi hanno colpito le immagini del capitolo dedicato al padre, con il lavoro nei cantieri artistici, dove tra uomini che scendono e salgono, Artemisia si siede vicino al padre per iniziare a dipingere.  Molto bello, estetico, il capitolo dedicato alla mamma morta, in un momento di commovente addio tra veli, tendaggi, e personaggi in lutto. Altro momento notevole il bagno tra curiosità e sensualità. Il mio preferito è il capitolo Caduta:  Artemisia si aggira in una stalla con l’abito sporco di sangue, con le mosche che si posano sulle macchie, con le mucche imbrattate di letame … davvero potente.
Gli Anagoor ci propongono un lavoro importante, perfetto, di grande impatto, a tratti minimal concettuale, a tratti grondante sangue, con bellissimi costumi e suggestive location e mise en scène.
Complimenti a tutti!!

venerdì 31 agosto 2012

Alessandro Sciarroni - Folk(s), 23 agosto 2012 Bassano del Grappa





Nel 1958 Horace McCoy scriveva il romanzo “They Shoot Horses, Don't They?”, portato poi al cinema nel 1969 da Sidney Lumet con Jane Fonda.  Raccontava la storia di una maratona di ballo, tanto in voga nel periodo della Grande Depressione. Per vincere un piccolo premio in denaro, i ballerini a coppie si sottoponevano a estenuanti danze fino allo sfinimento, superando anche le 1000 ore, assicurandosi il vitto e l’alloggio in quei tempi difficili, sotto gli occhi sadici degli spettatori che puntavano e scommettevano chi resisteva o chi avrebbe lasciato la sala da ballo, esausto. Si mangiava in pista, si divideva tutto, si soffriva, si moriva …

Nello spettacolo Folks di Sciarrone, si entra nello spazio buio dove i performer bendati, radunati in cerchio, si preparano battendo i piedi ad una esibizione con delle regole ben precise: se rimarrà anche un solo spettatore continueranno a ballare, oppure lasceranno il palco sfiniti …
Prendendo spunto dalle tradizionali danze Schuhplattler, i ballerini iniziano a danzare, e soprattutto a percuotere il corpo creando sonorità ritmi percussioni che avvolgo il pubblico.  Qualcuno cede, il sudore e la forza fisica arrivano al pubblico come un’onda, i movimenti a volte in cerchio (archetipo psichico?) o liberi negli spazi del palco diventano una trance dalle radici antropologiche … per rimanere lucidi e salvarsi dall’estasi, ogni tanto i ballerini si lasciano andare a delicati sfioramenti, sorrisi, abbracci, solitari riposi, scelta di brani musicali incoraggianti ... E poi si riparte ancora più rinvigoriti ed energici, fino all’esaurimento delle forze.
Il pubblico è il protagonista sadico della performance decretando la durata dello spettacolo … quasi voyeuristico, nell’assistere ad alcuni atteggiamenti dei ballerini, che sembrano “privati” …
Come nella Sinfonia degli addii di Haydn, gli esecutori uno dopo l’altro lasciano il palco esausti, lasciando la fisarmonica senza suono, i computer spenti, il silenzio.

“Non si uccidono così anche i cavalli?”

La grande bravura di tutti e l’originale idea vengono gratificati da calorosi e lunghi applausi.
Da non perdere!

venerdì 24 agosto 2012

Tiziana Bolfe - Le coltri stanche, 12 agosto 2012, Cittadella Palazzo Pretorio





3 donne, 3 età, 3 abiti glamour dal lungo strascico. Feticcio ambito dalle donne, ma qui come dei serpenti si snodano tra le stanze sfiorando il pubblico.
Le donne si avvicinano, si allontanano, si incontrano con gli sguardi e scrutano il pubblico. La giovinezza fiera e spavalda sfida la mezza età, le gira attorno e la abbandona, mentre questa, danza divisa da un vetro con l’età più avanzata … oramai rinchiusa ma inevitabilmente vicina …
Entrano ed escono dalle stanze, agiscono sugli spazi mentre il pubblico è costretto a destreggiarsi tra lo strascico-serpe e la scelta di chi seguire … quale età abbandonare o rimanerne affascinati?
Come all’inizio così alla fine le tre donne si riuniscono in una danza canoviana tridimensionale di grande impatto. Danza fatta di gesti, di mani che vedono e occhi che sentono.  Mentre un tappeto sonoro mai invadente di liquida musica elettronica, rende gli spazi del palazzo un non-luogo, quasi un vecchio set televisivo de Il Segno del Comando.
Le tre bravissime interpreti sembrano uscire da un racconto di Cunningham, affascinanti, seducenti, da sapienti vestali governano i costumi con matematica maestria, instaurano un contatto visivo con il pubblico, stregando con le prodezze a pochi centimetri di distanza.
Tutte bravissime, intense, e soprattutto grandi nel gestire una location davvero difficile per il troppo pubblico, gli spazi, i costumi.

venerdì 20 luglio 2012

Alanis Morissette, HYDROGEN Festival - Piazzola sul Brenta (PD) - 17 luglio 2012




La bella Alanis inizia il concerto andando su e giù per il palco, camminando avanti e indietro, quasi a misurare la metratura del palco.
Così per molti brani, purtroppo non tutti perfettamente udibili, un po’ di ritorno nei bassi, e qualche problema tecnico, poi risolti con qualche correzione all’audio.
Un inizio quasi intimista, forse un po’ distaccato … l’apporto dell’armonica scalda l’atmosfera con sensazioni folk-nostalgiche.
Ma arriva Ironic e tutto il pubblico canta e la acclama.
Coccolata e forse più tranquilla inizia a scatenarsi con i classici di Jagged Little Pill. A guardarla nel roteare la lunga chioma, sembra di rivedere la ragazza post-grunge che nel 1995 appariva da semi sconosciuta nei club cantando scatenata You Oughta Know (all’epoca aveva 21 anni) per diventare poi una cantante da milioni di dischi venduti (solo Jagged Little Pill ha venduto oltre  33 milioni di copie, 78 dischi di platino in giro per il mondo, e ogni tipo di award)

Da metà concerto in poi il buon audio fa apprezzare le hit della carriera di Alanis, sempre con qualche inserto di armonica a bocca, basso, e travolgenti ballate … fino ad una inevitabile Thank U, per il pubblico e per la sua carriera.

mercoledì 18 luglio 2012

PATTI SMITH - CONCERTO PER LA MEMORIA, (Bologna 15 luglio 2012)




È curioso vedere come Patti Smith riesca a coinvolgere un pubblico di varia età ed interessi: fans attempati, genitori post - … con figli a seguito, rappresentanza GLBT, ragazzini scatenati sotto il palco. Dai classici e conosciuti brani agli ultimi dal nuovo lavoro Banga, tutti cantano, ballano, incitano la sacerdotessa del rock.
È una serata particolare, tra il pubblico vi sono cartelli con messaggi che vanno al di la dell’affetto per la cantante. Patty ne prende qualcuno, li mostra, uno in particolare su Genova 2001, da poi il microfono ad una ragazza che ricorda a tutti lo sdegno per le condanne ai manifestanti del G8 del 2001.
Patti è comunicativa, trascinante, tra un brano e l’altro interagisce con il pubblico, scherza, parla del terremoto, del Museo  della memoria per Ustica alle sue spalle, e invita tutti a lottare.
I brani di Banga dal vivo diventano dei classici, in particolare Maria, dedicato a Maria Schneider.
Preso il basso, si scatena, il tempo sembra tornare indietro, uno spaccato rock di tanti tanti anni fa, circondata da bravi e fidati elementi, e dal supporto degli storici  Dee Daugherty e Lenny Kaye.
Patti: una magica “nonna rock” che tutti vorremo avere!

Prima e dopo l’esibizione di Patti Smith, era possibile visitare gratuitamente il Museo  della memoria per Ustica. Uno spazio dove i resti del DC9 abbattuto il 27 giugno 1980 sono stati ricomposti nell’allestimento dell’artista Christian Boltanski. Museo aperto al pubblico dal 2007.
Spiazzante ed angosciante: 81 lampade scendono dl soffitto accendendosi e spegnendosi al ritmo di un respiro, 81 pannelli/specchio neri coprono delle piccole casse audio che trasmettono le voci, i pensieri delle 81 persone morte nello schianto, come le ha immaginate l’artista. A terra dei contenitori/sarcofago ricoperti di pelle nera, dove all’interno si trovano gli oggetti personali delle vittime donati dai famigliari al museo, e negati agli occhi dei visitatori.
Un’ istallazione che lascia senza parole, necessaria, di grande impatto visivo ed emotivo, artisticamente crudele come la realtà. Un monumento alla memoria di un evento ancora oggi circondato di mistero.