venerdì 31 agosto 2012

Alessandro Sciarroni - Folk(s), 23 agosto 2012 Bassano del Grappa





Nel 1958 Horace McCoy scriveva il romanzo “They Shoot Horses, Don't They?”, portato poi al cinema nel 1969 da Sidney Lumet con Jane Fonda.  Raccontava la storia di una maratona di ballo, tanto in voga nel periodo della Grande Depressione. Per vincere un piccolo premio in denaro, i ballerini a coppie si sottoponevano a estenuanti danze fino allo sfinimento, superando anche le 1000 ore, assicurandosi il vitto e l’alloggio in quei tempi difficili, sotto gli occhi sadici degli spettatori che puntavano e scommettevano chi resisteva o chi avrebbe lasciato la sala da ballo, esausto. Si mangiava in pista, si divideva tutto, si soffriva, si moriva …

Nello spettacolo Folks di Sciarrone, si entra nello spazio buio dove i performer bendati, radunati in cerchio, si preparano battendo i piedi ad una esibizione con delle regole ben precise: se rimarrà anche un solo spettatore continueranno a ballare, oppure lasceranno il palco sfiniti …
Prendendo spunto dalle tradizionali danze Schuhplattler, i ballerini iniziano a danzare, e soprattutto a percuotere il corpo creando sonorità ritmi percussioni che avvolgo il pubblico.  Qualcuno cede, il sudore e la forza fisica arrivano al pubblico come un’onda, i movimenti a volte in cerchio (archetipo psichico?) o liberi negli spazi del palco diventano una trance dalle radici antropologiche … per rimanere lucidi e salvarsi dall’estasi, ogni tanto i ballerini si lasciano andare a delicati sfioramenti, sorrisi, abbracci, solitari riposi, scelta di brani musicali incoraggianti ... E poi si riparte ancora più rinvigoriti ed energici, fino all’esaurimento delle forze.
Il pubblico è il protagonista sadico della performance decretando la durata dello spettacolo … quasi voyeuristico, nell’assistere ad alcuni atteggiamenti dei ballerini, che sembrano “privati” …
Come nella Sinfonia degli addii di Haydn, gli esecutori uno dopo l’altro lasciano il palco esausti, lasciando la fisarmonica senza suono, i computer spenti, il silenzio.

“Non si uccidono così anche i cavalli?”

La grande bravura di tutti e l’originale idea vengono gratificati da calorosi e lunghi applausi.
Da non perdere!

venerdì 24 agosto 2012

Tiziana Bolfe - Le coltri stanche, 12 agosto 2012, Cittadella Palazzo Pretorio





3 donne, 3 età, 3 abiti glamour dal lungo strascico. Feticcio ambito dalle donne, ma qui come dei serpenti si snodano tra le stanze sfiorando il pubblico.
Le donne si avvicinano, si allontanano, si incontrano con gli sguardi e scrutano il pubblico. La giovinezza fiera e spavalda sfida la mezza età, le gira attorno e la abbandona, mentre questa, danza divisa da un vetro con l’età più avanzata … oramai rinchiusa ma inevitabilmente vicina …
Entrano ed escono dalle stanze, agiscono sugli spazi mentre il pubblico è costretto a destreggiarsi tra lo strascico-serpe e la scelta di chi seguire … quale età abbandonare o rimanerne affascinati?
Come all’inizio così alla fine le tre donne si riuniscono in una danza canoviana tridimensionale di grande impatto. Danza fatta di gesti, di mani che vedono e occhi che sentono.  Mentre un tappeto sonoro mai invadente di liquida musica elettronica, rende gli spazi del palazzo un non-luogo, quasi un vecchio set televisivo de Il Segno del Comando.
Le tre bravissime interpreti sembrano uscire da un racconto di Cunningham, affascinanti, seducenti, da sapienti vestali governano i costumi con matematica maestria, instaurano un contatto visivo con il pubblico, stregando con le prodezze a pochi centimetri di distanza.
Tutte bravissime, intense, e soprattutto grandi nel gestire una location davvero difficile per il troppo pubblico, gli spazi, i costumi.