giovedì 31 gennaio 2013

MOMIX - Alchemy, Teatro Comunale di Vicenza - 27 Gennaio 2013





Il nuovo spettacolo dei Momix sembra uno show realizzato per i grandi hotel di Las Vegas. Effetti speciali, videoproiezioni, musiche roboanti, acrobazie ginniche, oggetti su cui creare un immaginario che sembra strizzare l’occhio al Cirque du Soleil. 
Pensando alle creazioni del passato, come ad esempio Passion, è difficile guardare questo spettacolo con gli stessi occhi. Quì gli oggetti, le idee, il lavoro che ha reso celebre questa compagnia non trasmettono una ricerca, ma sembrano rimanere su un piano di illusionismo, un piano circense … l’eccesso di effetti speciali alla David Copperfield indicano mancanza di idee, nel passato usavano elementi impensabili, creativi, e di ogni tipo e tutto diventava incredibile.
Per quanto la bravura dei ballerini sia indiscutibile, non riescono a trasmettere un immaginario poetico, e purtroppo, soprattutto nella prima parte, si sfiora l’animazione che si può trovare nelle discoteche di Rimini o Riccione. La scelta musicale è forse il problema principale: un misto di discomusic anni novanta, new age, tutta molto ammiccante e ritmata per battere i piedi più che le mani … poca ironia nel mescolare simboli riconoscibili: burqa, dervishi, fiori, pesci, donne prosperose …
Le due cose che posso salvare in uno spettacolo di ben un’ora e quaranta minuti, sono il fuoco creato con un enorme pezzo di tessuto animato dai danzatori, e un gioco di corpi e specchi che simulano entità marine.
Nella seconda parte qualche guizzo sui costumi, sugli oggetti si torna ai Momix degli anni migliori … ma la musica continua ad infastidirmi, e l’inevitabile tripudio di applausi, danzatori simpatici ed ammiccanti mi lascia un senso di ruffianeria insopportabile. 

mercoledì 16 gennaio 2013

MADAME GRÈS Sculpturale Mode (MOMU Modemuseum) Antwerpen, 3 gennaio 2013







Il museo della moda di Anversa dedica una retrospettiva (in realtà una rielaborazione della mostra del 2011 dal Museo Galliera di Parigi) a Madame Grès, considerata tra le più importanti couturier del Dopoguerra. Germaine Emilie Krebs era nata nel 1903, fin da bambina sognava di diventare una scultrice, il suo sogno si realizzerà nel 32’ aprendo la sua prima casa di moda, realizzando abiti scultura. Fu l’inizio di una carriera strepitosa, insignita di prestigiosi riconoscimenti, vestì donne famose come Edith Piaf, Marlene Dietrich, Jackie Kennedy, Grace Kelly, la duchessa di Windsor, Greta Garbo, si scontrò persino con il Terzo Reich, facendo sfilare una collezione di soli abiti rossi, bianchi e blu, i colori della sua Francia, durante l’occupazione nazista. Ma la piccola e minuta donna non ebbe la fortuna di Coco Chanel o Christian Dior, morirà povera, sola, in un ospizio, dimenticata da tutti. Sarà un giornalista che scoprirà la morte tenuta nascosta dalla figlia perché non aveva i soldi per pagare i funerali, un anno dopo, nel 1994.
La mostra recupera il genio, l’artigianalità, le opere d’arte di questa donna che ha creato con i drappeggi, pieghe, soluzioni accuratissime senza usare forbici, realizzati solo in jersey o in seta, abiti ispirati alle sculture elleniche, al minimalismo, all’oriente, all’architettura.  A divinità antiche per donne eleganti oltre ogni tempo.
La mostra presenta una serie di abiti da giorno, da sera, da cocktail, e nelle varie ispirazioni. Alcuni abiti di Jean Paul Gaultier,  Alber Elbaz, Haider Ackermann e Yohji Yamamoto ispirati dai disegni originali di Madame Grès.
Inoltre sono esposti i bozzetti originali bellissimi, le foto originali dell’epoca, da Vouge, di Richard Avedon,  Guy Bourdin, alcuni video, tra cui uno imperdibile su Diana Vreeland che racconta dell’incontro che ebbe con Madame Grès.
Altro aspetto interessante l’allestimento curato dall’artista Renato Nicolodi, presente con alcune opere e un video in cui spiega i moduli neri, ispirati alla Roma antica, che, con giochi architettonici minimal, fanno risaltare gli abiti e li rendono “sacri”.


giovedì 10 gennaio 2013

Lucie & Simon - Scenes of Life; We–egee - Murder Is My Business; Gert Jochems - S (FOMU FotoMuseum) Antwerp, 3 gennaio 2013






Nella prima delle tre esposizioni troviamo le bellissime foto di Lucie & Simon dalla serie "Scenes of Life”: semplici scene familiari, interni di appartamenti, momenti ludici, ma resi in modo incredibile con lo scatto realizzato dall'alto, creando un effetto verticale, in bilico tra curiosità ed immediata “immissione” nel mondo fotografato dal duo franco-tedesco. Nella stessa sala un video con gli scatti dalla serie “Silent World”. Luoghi immediatamente riconoscibili come Times Square a New York, o Londra, Parigi e altre ma incredibilmente vuote, deserte, quasi un day after improvviso, inquietante … in ogni foto una sola figura, smarrita, attonita, in un mondo minaccioso … come musica di sottofondo, brani di Philip Glass.
Nella seconda esposizione una selezione degli anni 1930-1940 del fotografo Arthur Fellig, diventato famoso per le sue immagini di omicidi, incidenti, sparatorie, incendi, a volte macabre, raccapriccianti ma di immediata fruizione per i giornali di cronaca dell’epoca. Tra la fortuna e la sfacciataggine riusciva a essere sempre sulla scena del crimine e diventare così famoso da essere soprannominato Weegee (da Ouija un popolare gioco dell’epoca che prediceva il futuro). Da fotoreporter free-lance diventa noto presso le testate più rinomate, e negli anni successivi alcune mostre, un libro e un film (The naked city) lo porteranno al successo collaborando con Vogue,il Daily Mirror e con Stanley Kubrick.
Nelle ultime sale del museo, le foto provocazione di Gert Jochems. Un occhio diretto, su feticismi di ogni genere, sado masochismo, bondage, pratiche estreme e fantasiose, master and servant, divise, uniformi, mistress, aghi, punteruoli, tacchi, pelle, gomma e tanto altro … tutto questo in ambienti domestici, cucine, camere, ristoranti, salotti, garage, addobbati a play room nei modi più ingegnosi con imbracature, carrucole, teli, paranchi ed altro … oltre alle foto anche schizzi originali di inimmaginabili e creativi costumi per dress code appropriati: mute da sub gonfiate all'inverosimile  animali gonfiabili da piscina cuciti ed assemblati assieme per partecipare ad orge, feste e quant'altro  Le persone ritrarre non sono modelli o modelle, ma persone qualsiasi, casalinghe, anziani, coppie … l’occhio del fotografo non indaga la fisicità, ne l’intimità, ma una “normalità” esibita, un mostrarsi non per stupire ma per essere accettati. 

mercoledì 9 gennaio 2013

M HKA Ensembles 25 (Celebrate!) - Exhibition: [New Art in Antwerp 1958-1962: but vision itself] M HKA Antwerpen, 3 gennaio 2013










Per celebrare i 25 anni dell’apertura del M HKA, il museo più innovativo di Anversa presenta alcuni artisti che hanno lasciato il segno in città e a livello internazionale: Guillaume Bijl, Paul De Vree, Gordon Matta-Clark, Antoni Muntadas e ORLAN.
In realtà il museo esisteva sotto forma di istituzione già molti anni prima, così come alcune opere segnano i 50 anni. Poi è stato inglobato e nel 2012 si raccolgono i frutti degli anni presentando l’avanguardia del passato. In particolare ORLAN, un po’ affaticata, gioca con il passato ripetendo ai giorni nostri la stessa performance (Misures) che aveva creato 25 anni prima, “addobbandola” con “nuovi” orpelli.
Quello che allora si considerava nuovi media: fotografia, video, film sono diventati la quotidianità di un’arte ormai social, digeribile, competitiva.
Sempre nello stesso museo, un’altra sezione è dedicata all’arte cinetica nel periodo 58-62 con opere di Nul Armando e Henk Peeters, Julio LeParc e Alejandro Otero,  Walter Leblanc e Francois Morellet.

lunedì 7 gennaio 2013

MASTERPIECES IN THE MAS Five centuries of images in Antwerp (MAS | Museum Aan de Stroom, Antwerpen) 29 dicembre 2012






L'esposizione mostra come nei secoli XVI e XVII Anversa fosse un centro mondiale delle arti visive. L’allestimento è davvero impressionante le prime sale sono dipinte in oro e le opere preziose di Rubens e Cornelis de Vos sottolineano come gli artisti utilizzavano materiali preziosi per rappresentare il divino e il sovrumano, sotto forma di icone, e le effigi di re e imperatori in monete d'oro. Il primo grande cambiamento avvenne con i primitivi fiamminghi che si proponevano di esprimere il divino attraverso la riproduzione della vita di tutti i giorni con un realismo quasi fotografico. Dio è ovunque, anche nel più piccolo dettaglio.
Poi nero assoluto per opere capolavori sistemati in vetrine-gioiello su un tavolo dove sedersi e ammirare i dettagli incredibili.
Tra le opere del passato appaiono opere del presente che dialogano tra loro in un corto circuito temporale: un abito ricoperto di scarafaggi di Jan Fabre, poco più in la Croce di Pane di Renè Heyvaert e girato l’angolo una meraviglia: il Polittico Orsini di Simone Martini.
Altra sezione la Wunderkammer: il collezionismo si diffonde tra i potenti, e nelle case si creano delle aree apposite dove esibire, proteggere, dare sfoggio di opere d’arte, oggetti preziosi arrivati appositamente dall’Africa o l’Oriente.
E qui iniziarono a nascere compratori, venditori, stampatori di opere che i potenti volevano avere. Una sezione è dedicata alle “copie” delle opere più ricercate.
Le maggior parte delle opere arrivano dai principali musei di Anversa in particolare il Koninklijk Museum voor Schone Kunsten e il MHKA, e per le stampe il Museum Plantin-Moretu
Un capolavoro si trova in una delle stanze dipinte di nero: La Madonna circondata da Serafini e cherubini di Jean Fouquet (1452). Un quadro bellissimo (uno dei miei preferiti in assoluto) per i colori eccessivi, le delicate nudità, e soprattutto modernissimo per l’epoca, incredibile per i dettagli delle vesti (un trattato per gli stilisti della "Antwerp Six").
La mostra termina con opere di artisti contemporanei, tra questi una scultura dell’artista Berlinde De Bruyckere, una delle massime rappresentanti dell’arte contemporanea belga.

mercoledì 2 gennaio 2013

"My best of" Serial Tv 2012




The walking  dead (season 3)
The Killing (season 2)
Boss
Hunted
Homeland (season 2)
Arrow
American Horror story (season 2)
Smash
Modern family (season 4)
Girls

È stato semplice tracciare una classifica dei serial tv del 2012, forse per il fatto che è stato un anno piuttosto medio le cose migliori saltano all’occhio immediatamente …
La terza stagione di  The walking dead è sicuramente la serie migliore del 2012, per regia, sceneggiatura, gli attori bravissimi, splatter a volontà, con un occhio agli insegnamenti di Romero, un’attenzione al fumetto originale e alla realtà politico sociale attuale … senza sbavature, senza banalità, una dura malata crudeltà, l’unica possibilità per sopravvivere.
Con la seconda stagione The killing svela finalmente gli inquietanti fatti della prima stagione, con un finale sorprendete, con una regia e fotografia densa e coinvolgente.
Con Boss siamo a livelli di alto cinema, il pilot della prima stagione è stato girato da Gus Van Sant (produttore della serie) , le immagini sono splendide, profonde, spietate. Gli zombie di The walking dead in confronto ai politici di Boss sembrano delle mammole.
Stupisce Hunted, una spy story inglese piena di cospirazioni, intrighi, ben girata, con splendide location in una Londra avveniristica, con protagonista una splendida Melissa George, spietata, sexy, disposta a tutto pur di scoprire chi l’ha tradita …
Altra sorpresa Arrow: un serial basato sul personaggio di Freccia Verde, supereroe protagonista di una serie di fumetti pubblicata da DC Comics. Dopo essere stato su un'isola deserta per cinque anni, il playboy miliardario Oliver Queen, torna a casa per combattere il crimine e la corruzione come "Arrow": un moderno Robin Hood. Un mix di fumetto, fetish, personaggi da cosplay, ironia, location dark. Con mirabolanti scene di combattimento in una città a metà strada tra Gotham city e The raven.
La novità più interessante è sicuramente Girls: un gruppo di ragazze ventenni, in una  New York che non fa sconti a nessuno, passano la loro vita tra amici, clubs, genitori, sesso, lavori improbabili, affrontando i problemi con la leggerezza della loro età. Una specie di Sex and the city senza lussi e abiti firmati. La protagonista è Lena Dunham con un volto e una fisicità anticonvenzionale,  davvero brava ed originale.
Delude un po’ Homeland nella seconda stagione, qualche leggerezza nella sceneggiatura, nell’evolversi della storia, dei personaggi al centro degli intrighi antiterroristici, qualche banalità e luoghi comuni, soprattutto quando i destini sembrano incrociarsi con la stupidità di alcuni personaggi, in particolare con gli attori che interpretano i figli. Eccessivamente choosy.
Che dire di American Horror Story dopo la prima entusiasmante stagione? In questa seconda si è invasi da un tripudio di citazionismo, a volte divertente e ben costruito, come ad esempio la scelta di utilizzare colonne sonore di film del passato riproducendo in parte inquadrature, atmosfere, dei film di Brian de Palma, Argento e tanti tanti altri, a volte l’eccesso trasforma in macchiette i personaggi come il caso di un internato nel manicomio identico ad un personaggio di Freaks di  Tod Browning. Troppa carne al fuoco: alieni, serial killer, indemoniati, nazisti, tutto dentro un manicomio, e tanto altro rende il tutto un po’ insopportabile. Per fortuna c’è Jessica Lange che costruisce un altro personaggio incredibile. E tiene a bada una marea di attori più meno famosi che eccedono nella visibilità del serial. … too much!
In caduta libera tutti gli altri serial per motivi diversi: Glee, True Blood, Fringe, The Vampire diaries, Misfits, tutti troppo concentrati ad esagerare o a giocare la carta del moralismo. In questo c’è chi ha superato tutti: The river, dal creatore di Paranormal Activity, Oren Peli.  L’incontro tra il trash-reality e l’Amazzonia, reincarnazioni, zombie, mostri, telecamere ovunque, ma soprattutto attori sotto effetto lisergico che ciarlano di immortalità, urlano e non muoiono mai… imbarazzante (cancellato dopo 8 episodi).