Il
museo della moda di Anversa dedica una retrospettiva (in realtà una
rielaborazione della mostra del 2011 dal Museo Galliera di Parigi) a Madame
Grès, considerata tra le più importanti couturier del Dopoguerra. Germaine
Emilie Krebs era nata nel 1903, fin da bambina sognava di diventare una
scultrice, il suo sogno si realizzerà nel 32’ aprendo la sua prima casa di
moda, realizzando abiti scultura. Fu l’inizio di una carriera strepitosa, insignita
di prestigiosi riconoscimenti, vestì donne famose come Edith Piaf, Marlene
Dietrich, Jackie Kennedy, Grace Kelly, la duchessa di Windsor, Greta Garbo, si
scontrò persino con il Terzo Reich, facendo sfilare una collezione di soli
abiti rossi, bianchi e blu, i colori della sua Francia, durante l’occupazione
nazista. Ma la piccola e minuta donna non ebbe la fortuna di Coco Chanel o
Christian Dior, morirà povera, sola, in un ospizio, dimenticata da tutti. Sarà
un giornalista che scoprirà la morte tenuta nascosta dalla figlia perché non
aveva i soldi per pagare i funerali, un anno dopo, nel 1994.
La
mostra recupera il genio, l’artigianalità, le opere d’arte di questa donna che
ha creato con i drappeggi, pieghe, soluzioni accuratissime senza usare forbici,
realizzati solo in jersey o in seta, abiti ispirati alle sculture elleniche, al
minimalismo, all’oriente, all’architettura. A divinità antiche per donne eleganti oltre
ogni tempo.
La
mostra presenta una serie di abiti da giorno, da sera, da cocktail, e nelle
varie ispirazioni. Alcuni abiti di Jean Paul Gaultier, Alber Elbaz, Haider Ackermann e Yohji
Yamamoto ispirati dai disegni originali di Madame Grès.
Inoltre
sono esposti i bozzetti originali bellissimi, le foto originali dell’epoca, da
Vouge, di Richard Avedon, Guy Bourdin,
alcuni video, tra cui uno imperdibile su Diana Vreeland che racconta dell’incontro
che ebbe con Madame Grès.
Altro
aspetto interessante l’allestimento curato dall’artista Renato Nicolodi, presente
con alcune opere e un video in cui spiega i moduli neri, ispirati alla Roma
antica, che, con giochi architettonici minimal, fanno risaltare gli abiti e li
rendono “sacri”.
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