Nella sala principale del museo della
ex stazione, resa buia ad hoc con una leggera e impalpabile foschia, Anthony McCall invita gli
spettatori a giocare ed interagire con i fasci di luci che dal soffitto
proiettano al pavimento delle strane e primitive forme. In movimento lento e in
continuo cambiamento.
Le speciali proiezioni a cui McCall
lavora da anni, ricordano in qualche modo la proiezione cinematografica,
soprattutto per le 4 opere orizzontali, in cui è possibile “entrare”, giocare,
farne parte …
Le opere verticali sono di grande
effetto nella grande sala, il silenzio, e il fascino inducono ad un senso
magico, ad una ricerca che sembra catalizzare gli spettatori, pronti a
stendersi sotto i fasci o sedersi all’interno quasi in una ricerca di maggiore
feeling con l’opera (o a qualche interpretazione personale, quali capacità
calmanti o meditative delle opere stesse … )
La cosa interessante a mio avviso
è l’immediata estraniazione dal mondo esterno,
e a livello percettivo, non tanto la luce ma i movimenti delle
proiezioni e il buio attorno creano degli effetti molto attraenti ed ipnotici.
Il buio non diventa ostacolo o difficoltà
ma immersione, lo spazio si amplifica, e il girovagare tra un’opera e l’altra
diventa una passeggiata in un giardino oscuro con sculture di luce sinuose ed
intriganti.
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