Il primo approccio con le tele di
Qiu Shihua è quasi raggelante, enormi pannelli dipinti di bianco, praticamente
tutti uguali …
Ma dopo il primo impatto e una
lenta seducente “messa a fuoco” delle opere (minimaliste?), agli occhi di chi guarda affiorano delicati paesaggi dalle
profondità impalpabili. Con un “effetto speciale” incomprensibile, si dipanano allo sguardo immagini prima solo bianche, nebulose.
Il percorso diventa intrigante,
curioso, uno sforzo visivo per assaporare visioni “miopi” o sottovalutate per
una frettolosa interazione.
I paesaggi della ricerca di Qiu
Shihua risultano eleganti, di minuziosa fattura anche se dalle estese
campiture.
Paesaggi che sembrano immersi o
avvolti dalla nebbia, dove l’occhio cerca dei punti di riferimento per
stabilire un “luogo”. Ma l’artista non si avventura in luoghi comuni, ma come
dimostra l’approfondimento nell’ultima sala, da una ricerca sui paesaggi della
cultura pittorica cinese.
Potrebbe apparire come una
esperienza Zen, ma a parer mio, una ricerca che mina le consolidate e
rassicuranti visioni paesaggistiche per sguardi che vanno oltre.
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